La normativa sul mediatore immobiliare: quando si ha diritto alla provvigione?

La figura del mediatore immobiliare è disciplinata dal codice civile dagli articoli 1754-1765 c.c, l’esercizio di tale professione presuppone l’esistenza di determinati requisiti, così come la maturazione del compenso che ne deriva è condizionata dall’effettiva conclusione dell’affare per effetto del suo intervento.

Le peculiarità della professione. Tre sono gli aspetti da valutare per stabilire quali sono le peculiarità più rilevanti di tale professione e cioè:

  1. Quando un soggetto può essere definito mediatore e quali condizioni richiede la legge per l’esercizio di tale professione;
  2. Quando sorge il diritto alla provvigione e cosa si intende con l’espressione “affare concluso”;
  3. Quando non matura il diritto alla provvigione.

Chi è il mediatore?

Il mediatore, come di evince dalla definizione fornita dall’articolo 1754 del codice civile è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un “affare”, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza, o di rappresentanza.

Il legislatore nel testo di tale norma fa riferimento esclusivamente al concetto di affare concluso e non al contratto, volutamente utilizzando un termine ampio e generico in modo da ricomprendere nell’ambito di applicazione qualsiasi operazione economica generatrice di un rapporto obbligatorio dal quale discende il diritto alla provvigione.

È opportuno ricordare, inoltre, che affinché l’attività svolta dal mediatore possa ricevere adeguata tutela legale, e tale professionista possa vantare il suo diritto al compenso, è necessario che sussistano determinate condizioni.

Fra tali condizioni figura l’ obbligo di iscrizione al Rea ed al Registro delle Imprese.

La necessità di regolamentare l’attività di mediatore immobiliare è stata soddisfatta dalla legge n. 39/1989 che prevedeva, per l’esercizio di tale attività, l’obbligo di iscrizione in un apposito ruolo. Tale ruolo è stato soppresso dal decreto legislativo n. 59/2010 ed attualmente prevede che l’esercizio dell’attività di mediazione è assoggettata all’obbligo di presentare una dichiarazione di inizio attività alla Camera di commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura che, dopo aver verificato l’esistenza dei requisiti, procede all’iscrizione nel Registro delle Imprese, se l’attività è esercitata in forma di impresa, oppure nel Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) nel caso in cui ad esercitare l’attività sia una persona fisica.

Il mediatore che esercita l’attività senza essere iscritto non potrà pretendere alcun diritto alla provvigione e sarà punito con sanzione pecuniaria, inoltre nel caso in cui il professionista percepisca la provvigione, pur in assenza di iscrizione, sarà obbligato a restituirla alle parti.

Il diritto alla provvigione. Quando matura il diritto alla provvigione e cosa si intende con l’espressione “affare concluso”. Il diritto alla provvigione matura quando l’affare fra le parti è concluso per effetto dell’intervento del mediatore.

L’affare può considerarsi concluso quando fra le parti è sorto un valido rapporto obbligatorio, come accade in caso di stipula di contratto preliminare, che legittima ciascuna delle parti ad agire in giudizio per il rispetto del vincolo giuridico sorto oppure per il risarcimento del danno. In caso di stipula fra le parti di contratto preliminare il diritto al compenso del mediatore sorge a prescindere dalla successiva stipula del contratto definitivo. (Cass.civ., 30.11.2015 n. 24397)

Invece, la giurisprudenza, ha evidenziato che l’affare non può considerarsi concluso quando fra le parti abbiano fatto ricorso, ad esempio, ad una semplice “minuta”che rientrando nella fase delle trattative contrattuali non può essere considerata come valido vincolo giuridico che legittima il diritto alla provvigione del mediatore.(Cass. civ. 2.4.2009 n. 8038; Trib. Venezia 30.8.2002).

Oltre alla conclusione dell’affare, e quindi al sorgere fra le parti di un valido vincolo giuridico, il diritto al compenso del mediatore sorge quando l’affare è stato concluso per effetto del suo intervento. In pratica è necessario che l’attività svolta dal mediatore deve rappresentare l’antecedente causale dell’affare, di conseguenza per stabilire se il mediatore può vantare il suo diritto alla provvigione, occorre verificare se senza il suo intervento l’affare non si sarebbe concluso.

Il diritto al compenso di tale professionista, quindi, sorge:

  1. quando abbia messo semplicemente in relazione le parti, non essendo necessario la sua presenza durante tutte le fasi della trattativa contrattuale (Corte di Appello Milano, sez. I, 15.3.2016);
  2. quando, in assenza di specifico incarico, la parte abbia accettato l’attività del mediatore traendone vantaggio (Tribunale di Trento, 23.2.2016);
  3. in caso di conclusione del solo contratto preliminare non essendo necessario la stipula del definitivo per la maturazione del compenso.

Quando non sorge il diritto al compenso del mediatore? Il mediatore non può vantare alcun diritto al compenso:

  1. Quando non è iscritto al Rea, o in caso di attività esercitata in forma di impresa, in caso di mancata iscrizione al Registro delle Imprese;
  2. Quando l’affare non è stato concluso per effetto del suo intervento;
  3. Quando il suo intervento è stato inutile e cioè quando le parti, inizialmente messe in relazione dal mediatore, non concludono alcun affare e tramite autonome nuove iniziative concludono l’affare a condizioni diverse rispetto a quelle proposte dal mediatore (stabilendo ad esempio un prezzo di vendita  inferiore rispetto a quello proposto dal mediatore) (Tribunale di Roma, sez. X, sentenza 17 gennaio 2017, n. 656);
  4. Quando l’acquirente abbia formulato una proposta irrevocabile di acquisto sottoscrivendo una semplice “minuta”o “puntazione”. (Tribunale di Torino, sez. I, 14.3.2016).